Sir David Attenborough ha detto: ”dobbiamo intervenire immediatamente per ridurre l’uso e il consumo delle plastiche e per gestirne i rifiuti soprattutto nel Paesi del terzo mondo”. E quando Sir David parla il mondo (almeno quello anglosassone) ascolta. Le immagini di balene, delfini, tartarughe, uccelli morti per aver ingerito materiali plastici, hanno fatto il giro del mondo anche grazie al suo documentario “Blue Planet II”. Ma ora le sue dichiarazioni hanno alzato il tiro contro l’industria della plastica.
E non è l’unica voce. In questi ultimi giorni il giornale “Politico”, dalla propria sede di Bruxelles, ha pubblicato una serie di lunghi articoli sulle ricerche scientifiche che dimostrano come le plastiche sono dentro nostri corpi: stiamo letteralmente mangiando la plastica.
Da dove vengono tutte queste plastiche ? I nostri sistemi di raccolta e trattamento delle plastiche funzionano soltanto parzialmente. Grandi quantità di rifiuti vengono disperse al suolo o finiscono nei fiumi per poi essere assimilate da piante e pesci. Si pensi che circa 8 o forse 10 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono ogni anno nei nostri mari. Ricordiamo che le plastiche si spezzano in particelle sempre più piccole che prendono il nome di microplastiche e queste piccolissime particelle vengono consumate da piante ed animali di cui noi poi ci cibiamo. I paesi in via di sviluppo hanno sistemi di raccolta dei rifiuti che funzionano soltanto in alcune aree (soprattutto dove vivono i cittadini più ricchi) e i rifiuti vengono così scaricati nell’ambiente. Con le piogge questi finiscono nei mari, vengono mangiati dai pesci e quindi finiscono nei nostri piatti. Servono efficienti sistemi di gestione dei rifiuti nei paesi più poveri come aveva già illustrato del resto il rapporto UNEP/ISWA nel lontano 2013.
Ma c’è di più. Anche noi, nei paesi cosiddetti “più sviluppati”, contribuiamo all’inquinamento dei mari di tutto il mondo, perché esportiamo i rifiuti in plastica proprio nei paesi più poveri. Perché lo facciamo? Perché il mercato Europeo per il riciclo delle plastiche non riesce ad assorbire tutti i rifiuti di plastica che raccogliamo e quindi li esportiamo nella speranza che tali plastiche vengano trattate nei paesi più poveri. Evidentemente questo non succede e le nostre esportazioni finiscono in grande parte scaricate nelle discariche a cielo aperto di paesi come Malesia, Indonesia, India e Vietnam. Da lì finiscono nei mari. Greenpeace ha evidenziato questo traffico vergognoso e immorale.
Un altro rapporto pubblicato in questi giorni arriva dagli Stati Uniti. Il Centre for International Environmental Law a Washington ha illustrato come la produzione di plastica stia contribuendo sempre di più alle emissioni di gas climalteranti. Le grandi industrie petrolifiere hanno capito che la domanda per petrolio e gas sarà presto in declino per la sempre crescente richiesta di energia da fonti rinnovabili. Quindi stanno convertendo una parte della produzione di gas e petrolio alla produzione di plastica. Il 99% delle plastiche sono prodotte infatti usando gas e petrolio.
Il Center for International for Environmental Law (CIEL) prevede che la produzione di plastica passerà da 350 milioni di tonnellate di oggi a circa 500 milioni nel 2050, con grande parte di questo sviluppo guidato dagli Stati Uniti che impiegheranno shale gas e petrolio estratto a basso costo. Pertanto la produzione di plastica genererà il 13% circa delle emissioni di gas ad effetto serra nel 2050. Un disastro.
Davanti a questo scempio dell’ambiente a causa della nostra dipendenza sulla plastica che cosa possiamo fare e che cosa sta facendo l’industria delle plastiche ?
Come cittadini possiamo fare alcune cose: usare sempre meno plastica, per gli imballaggi (40% delle plastiche vengono usate come i imballaggi) scegliere la carta, l’aluminio, vetro e prodotti freschi senza plastica; scegliere bioplastiche biodegradabili e compostabili per compostarle con lo scarto organico. Ci sono esempi anche divertenti di famiglie che provano a vivere senza plastica.
L’industria della plastica invece reagisce in un modo che posso soltanto descrivere come vergognosamente irresponsabile. Tra qualche anno ci chiederemo come mai abbiamo consentito loro di inquinare ogni angolo del mondo, e persino noi stessi. Documenti pubblicati la settimana scorsa in Gran Bretagna dimostrano riunioni segrete dell’associazione nazionale della plastica che discutono come fermare qualsiasi tentativo del Governo di imporre tassazione sulle plastiche. Insomma, stanno lavorando affinché nulla cambi e per fare in modo che possano continuare a drogarci con la loro plastica.
In questo senso l’industria della plastica si dimostra di essere allo stesso livello dell’industria dell’amianto, del tabacco, del piombo, dei CFC, e di altre che hanno difeso ad oltranza settori giganteschi che poi, in breve tempo, si sono fortemente contratti sotto la pressione crescente dell’opinione pubblica e grazie alle normative introdotte a tutela della nostra salute. La plastica farà la stessa fine?
David Newman
Per approfondire :
Politico, 6 maggio 2019 - "The plastic in our bodies"
Politico, 10 maggio 2019 - "Why we don't know if plastics are safe"
Politico, 10 maggio 2019 - "Where microplastics come from"
Politico, 17 maggio 2019 - "Plastics that save us may also hurt us"
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